Come ho iniziato a scrivere

Essere l’autrice di un libro in vendita nelle librerie d’Italia era il mio sogno di adolescente, ma è solo da pochi anni che ho avuto il coraggio, o lo slancio adatto, piuttosto, per intraprendere questo viaggio. Ho atteso tanto, forse troppo, prima di mettermi seduta davanti ad una macchina da scrivere. E questo perché, lo ammetto, prima di farlo desideravo che il mio bagaglio di esperienza, di lettura e di vita, fosse sufficiente per permettermi di arrivare fino in fondo ai miei progetti e alle pagine bianche. Oggi mi rendo conto che, mentre la vita prendeva le sue pieghe e alcune esperienze, buone e cattive, sia sul fronte personale che su quello professionale, segnavano la mia esistenza, io di fatto mi preparavo a diventare la scrittrice che sono oggi.

Per scrivere il mio primo libro, sapete, mi ci è voluto un anno circa di lavoro: una montagna di tempo per una donna impegnata come me! Ma tutto è iniziato una notte qualsiasi, in maniera naturale e spontanea, con uno o due paragrafi. Ricordo che, una volta scritti e riletti quei primi fogli, li ho ficcati nel cassetto della mia scrivania e, per settimane, ho evitato perfino di pensarci, quasi fossero un errore, una distrazione. Quando gli ho ripresi in mano, un po’ titubante, giorni e giorno dopo, quasi avevo dimenticato cosa avessi scritto. È stato come leggere le parole di qualcun altro, un’esperienza incredibile e indescrivibile, al limite del mistico. Ed è stato in quel momento preciso che è nata nella mia mente l’idea che quelle prime paginette sarebbero potute diventare un romanzo, il mio romanzo. Ecco, quindi, come ho iniziato a scrivere: quasi per caso, quasi senza intenzione. Non avevo piani, non avevo un programma, non avevo una trama: ho semplicemente preso spunto da quei due paragrafetti iniziali e ho continuato a scrivere senza fermarmi mai. È stata la storia che ho scritto che mi ha condotto fino alla sua ultima pagina. È difficile spiegare quello che accade nella mente quando si scrive come scrivo io: è come se mi mettessi letteralmente a inseguire le mie parole, sorprendendomi alle volte di quanto corrano veloci, più veloci dei miei pensieri stessi.

Dopo tre romanzi posso affermare che se si ha un piano, se si conosce la fine della propria storia quando si inizia, scrivere non è così divertente come si crede. È come dipingere: un pittore può fare degli schizzi a matita prima di prendere in mano la tavolozza dei colori, può riflettere ad ogni dettaglio del suo disegno prima ancora di realizzarlo; oppure, più semplicemente, può mettersi a colorare una tela bianca inseguendo i gesti della sua mano e meravigliandosi secondo dopo secondo.

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